La società che avrebbe dovuto vendere l’immobile viene condannata per inadempimento contrattuale
Monza – Con sentenza n. 977/2020, resa e pubblicata il 21 ottobre scorso, il Giudice di Pace, in persona della Dott.ssa Colombi, condanna la società promittente venditrice alla restituzione del doppio della caparra versata dalla promissaria acquirente, rappresentata e difesa da JP Studio.
La pronuncia del Giudice di Pace di Monza verte sulla proposta d’acquisto immobiliare, nello specifico, se il prezzo pattuito debba ritenersi o meno comprensivo di IVA.
La promissaria acquirente aveva sottoscritto la proposta di acquisto per un immobile ad un certo prezzo, consegnando contestualmente un assegno bancario a titolo di caparra.
La suddetta proposta, accettata dalla promittente venditrice una settimana dopo, non conteneva alcun riferimento al fatto che il prezzo dovesse intendersi maggiorato dell’IVA.
In sede di rogito, la società promittente venditrice pretendeva il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto e, al fermo rifiuto della promissaria acquirente di versare un qualsiasi incremento sul prezzo pattuito, rifiutava di vendere l’immobile e restituiva l’assegno già ricevuto a titolo di caparra.
La promissaria acquirente richiedeva il doppio della caparra versata.
La promittente venditrice incalzava ritenendo che, trattandosi di società, fosse implicita l’applicabilità dell’IVA alla compravendita, avendo oltretutto trasmesso al mediatore una fattura per l’importo indicato nella proposta oltre IVA.
L’invito della promissaria acquirente alla negoziazione assistita, non accolto dalla promittente venditrice, induceva la promissaria acquirente a procedere in giudizio.
La promittente venditrice chiamava in causa l’agenzia di intermediazione immobiliare, ritenendola responsabile della mancata richiesta dell’imposta sul valore aggiunto a parte promissaria acquirente.
Il Giudice adito accoglieva la domanda formulata da parte promissaria acquirente evidenziando che “la proposta di acquisto immobiliare sottoscritta dalla promissaria acquirente (…) indica il prezzo omnicomprensivo (…) e come tale è stata accettata dalla promittente venditrice (…). L’affare si era concluso al prezzo “tutto compreso” (…) e sussiste inadempimento della società promittente venditrice per essersi rifiutata di concludere davanti al Notaio (…) il contratto definitivo di compravendita immobiliare al prezzo pattuito”.
Nella sentenza sono state respinte tutte le eccezioni sollevate da parte promittente venditrice. Altrettanto è avvenuto nei riguardi delle domande di manleva formulate dalla sopracitata nei confronti dell’agenzia di intermediazione immobiliare in quanto, sia nell’incarico di mediazione sia nella proposta di acquisto accettata dalla stessa promittente venditrice, il prezzo era “sempre stato indicato come omnicomprensivo e senza IVA da aggiungersi”.
Accertato l’inadempimento contrattuale della promittente venditrice per essersi rifiutata di vendere l’immobile al prezzo pattuito nella proposta di acquisto, la stessa è stata condannata ai sensi dell’art. 1385 del codice civile.
La società deve, infatti, corrispondere alla promissaria acquirente, rappresentata e difesa da JP Studio Legale e Tributario Piccinino – Bertolazzi, il doppio della caparra da quest’ultima versata, nonché all’agenzia di intermediazione immobiliare la provvigione pattuita, oltre al rimborso delle spese sostenute da entrambe le parti vittoriose.