Le Sezioni Unite intervengono in materia di licenziamento del socio lavoratore di Cooperativa e delle conseguenze della mancata impugnazione della delibera di esclusione.
Merita di essere segnalata la recentissima pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 27436 del 20.11.2017 in materia di impugnazione del licenziamento di un socio-lavoratore di cooperativa.
Con tale pronuncia le Sezioni Unite della Suprema Corte dirimono finalmente (alcune del)le incertezze venutesi a creare nel corso degli anni nella giurisprudenza di merito e di legittimità.
La pronuncia delle Sezioni Unite prende le mosse da una fattispecie nella quale il socio-lavoratore era stato fatto destinatario sia di un provvedimento di esclusione sia di un atto di licenziamento per giusta causa.
La Suprema Corte, dopo aver richiamato l’art. 5, c. 2, L. n. 142/2001 (il quale statuisce che “Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli artt. 2526 e 2527 c.c. [n.d.r. oggi, art. 2533 c.c.]. Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario“) ricorda che la cessazione del rapporto di lavoro, per recesso datoriale o per dimissioni del socio lavoratore, non implica necessariamente il venir meno del rapporto associativo: invero, quest’ultimo può comunque proseguire mediante la partecipazione del socio ai risultati economici ed alla vita della cooperativa; né la figura del c.d. “socio inerte” è in contrasto con i principi costituzionali, in quanto l’art. 45 Cost., riconosce funzione sociale alla cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata, alla quale il socio inerte non è estraneo.
Viceversa, in virtù della disposizione da ultimo richiamata, la cessazione del rapporto associativo trascina necessariamente con sé quella del rapporto di lavoro, in coerenza del resto con quanto statuito dall’art. 2533 c.c. (“qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti”).
Ciò posto, dapprima la Suprema Corte sconfessa l’orientamento espresso da Cass., sent. 23.01.2015, n. 1259; sent. 11.08.2014, n. 17868; sent. 06.08.2012, n. 14143 (secondo il quale, qualora l’esclusione di un socio lavoratore di cooperativa si fondi esclusivamente sul suo licenziamento, non si rientra nel campo di applicazione dell’art. 5, c. 2, L. n. 142/2001 con conseguente attuazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori), ed il diverso orientamento, di segno opposto al precedente, di cui alla sent. 13.05.2016, n. 9916; sent. 12.02.2015, n. 2802; sent. 05.07.2011, n. 14741 (in base al quale, al cospetto di condotte che ledano nel contempo il rapporto associativo e quello di lavoro, sarebbe unico il procedimento volto all’estinzione di entrambi, sicché per la cooperativa risulterebbe sufficiente la delibera di esclusione, senza necessità di operare un distinto atto di recesso datoriale dal rapporto di lavoro).
Le Sezioni Unite chiariscono quindi che la delibera di esclusione e l’atto di licenziamento colpiscono e ledono, sia pure per le medesime ragioni, due autonomi beni della vita: la prima pone fine allo status socii, mentre il secondo interrompe il rapporto di lavoro.
In virtù del disposto dell’art. 5, c. 2, L. n. 142/2001 e del legame di dipendenza (per così dire) necessaria da questo creato tra rapporto associativo e rapporto di lavoro, la mancata impugnazione della delibera di esclusione fa sì che si cristallizzi anche l’effetto estintivo del rapporto di lavoro: in altre parole, se il socio-lavoratore escluso dalla cooperativa mira a riottenere il proprio posto di lavoro dovrà necessariamente impugnare la delibera di esclusione qualora esistente.
Ma la vera novità della pronuncia in commento sta nel fatto che le Sezioni Unite, a fronte dell’omessa impugnazione della delibera di esclusione, ritengono preclusa unicamente la tutela restitutoria (sull’applicabilità della quale, in caso di accoglimento dell’impugnazione della delibera, la sentenza rimanda a Cass., sent. n. 9916/16; sent. n. 2802/15; sent. n. 11741/11), dalla quale deriva la ricostituzione sia del rapporto societario, sia dell’ulteriore rapporto di lavoro, ma ciò non toglie che il licenziamento potrebbe comunque essere illegittimo e, incidendo quest’ultimo su un bene della vita diverso rispetto alla delibera di esclusione, la sua illegittimità produce un danno all’ormai ex socio.
Ecco dunque che, pur ritenendo preclusa la tutela restitutoria, nei casi di illegittimità del licenziamento del socio-lavoratore di cooperativa e pur in mancanza di impugnazione della delibera di esclusione, le Sezioni Unite ritengono esperibile la tutela risarcitoria.
Tale interpretazione risulta confermata dallo stesso art. 5, c. 2, L. n. 142/2001, che esclude l’art. 18 Stat. Lav. ed il suo effetto tipico (vale a dire la c.d. “tutela reale” che consente la reintegrazione del lavoratore nel proprio posto di lavoro) ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo, lasciando però impregiudicata l’esperibilità della tutela risarcitoria.
Le Sezioni Unite precisano quindi in conclusione che “l’accoglimento della domanda risarcitoria non travolge gli effetti della delibera di esclusione; e non impedisce neppure che essa continui a produrre i propri effetti anche come regola del caso concreto: ciò perché la domanda ha per oggetto il diritto ad un ristoro per il fatto che la cessazione del rapporto di lavoro ha cagionato un danno e l’ha provocato illegittimamente (…) Pretendere che chi intenda chiedere soltanto la tutela risarcitoria derivante dal licenziamento illegittimo debba impugnare la delibera di esclusione equivarrebbe ad assoggettare la fruizione della prima ad un presupposto proprio della tutela restitutoria conseguente all’invalidazione dell’esclusione. Laddove, in virtù dell’art. 24 Cost., spetta al titolare della situazione protetta scegliere a quale tutela far ricorso per poter ottenere ristoro del pregiudizio subito”.
Come si diceva all’inizio, occupandosi strettamente della fattispecie sottoposta al loro esame le Sezioni Unite hanno sciolto i contrasti relativi alla tutela concessa al socio-lavoratore destinatario di un provvedimento di esclusione e di un atto di licenziamento ed alla necessità di impugnazione dell’atto di esclusione, mentre hanno tralasciato altre questioni dibattute passibili di alimentare il contenzioso.
Bisogna ammettere, tuttavia, che, data la notevole varietà delle modalità attraverso cui le cooperative risolvono il rapporto associativo e quello di lavoro, probabilmente neppure in ipotesi la Suprema Corte avrebbe potuto sciogliere tutti i nodi che si presentano in fattispecie consimili.
Invero, non sono rare le ipotesi in cui, invece di avere un concomitante atto di esclusione ed uno di licenziamento, si ha solamente l’uno o l’altro, oppure ancora un unico atto che li incorpora tutti e due. Anche le ragioni poste a base del/dei provvedimento/i possono essere le più disparate ed attenere unicamente alla prestazione lavorativa o non avere niente a che fare con essa.
Alla luce di ciò, bisognerà valutare molto attentamente le caratteristiche della fattispecie concreta fin da subito, sin dalla scelta del Giudice o dell’Arbitro (in presenza di clausola compromissoria nello statuto della cooperativa) da adire, onde evitare costosi e sfavorevolmente determinanti errori sul punto.