Vittoria in Cassazione per un socio ingiustamente escluso (Cass., ord. N. 6120/2024)
Le questioni che solleva la duplicità del rapporto che lega un socio-lavoratore (ovverosia il socio che presti anche la propria opera) ad una cooperativa sono molteplici, assai frequenti e sono state lungamente dibattute in dottrina e giurisprudenza.
Sin dall’introduzione della Legge n. 142/2001, che stabilisce per l’appunto la coesistenza del rapporto associativo e di quello lavorativo in capo al socio-lavoratore, dottrina e giurisprudenza hanno lungamente dibattuto in particolare sulla fase terminale dei rapporti, la quale è resa particolarmente complessa dal fatto che la cooperativa, allorquando vuole concludere i rapporti (escludere e/o licenziare) con il socio-lavoratore ha tre strade davanti a sé:
- licenziare il socio-lavoratore;
- escludere il socio-lavoratore a seguito di delibera di esclusione;
- indirizzare al socio-lavoratore sia il provvedimento di esclusione che la comunicazione di licenziamento.
Tutte e tre le strade sono perfettamente legittime, come più volte ribadito dalla giurisprudenza nel corso degli anni (si veda, ex multis, Cass., SS.UU., sent. 20.11.2017, n.27436). Ma mentre il rapporto associativo può sopravvivere all’interruzione, con atto di licenziamento, del rapporto lavorativo (perché tra socio e cooperativa possono intercorrere una serie di rapporti mutualistici, e non soltanto quello lavorativo), quando viene interrotto quello associativo necessariamente viene ad interrompersi anche quello lavorativo, perché l’esclusione dalla cooperativa giocoforza interrompe tutti i rapporti mutualistici (incluso il rapporto di lavoro), salvo che l’atto costitutivo non preveda diversamente (art. 2533 c.c.). Stabilisce infatti l’art. 5 della L. n. 142/2001 che “il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile”.
La casistica sul tema è ampissima e le pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato le questioni relative assai numerose.
Di recente lo Studio ha vittoriosamente assistito, per tutti e tre i gradi di giudizio, un socio-lavoratore di una società cooperativa che era stato ingiustamente escluso dalla compagine sociale nel 2016.
Precisiamo che il socio era stato destinatario del solo provvedimento di esclusione (e non di un concorrente atto di licenziamento), sicché l’impugnazione della delibera era stata presentata in sede arbitrale (perché lo statuto prevedeva una clausola compromissoria) e non davanti al Giudice del Lavoro, in conformità a quanto previsto dall’art. 5, c. 2, della L. n. 142/2001 (“Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario”).
Ad esito del primo grado di giudizio l’Arbitro aveva annullato la delibera del consiglio di amministrazione della cooperativa che aveva determinato l’esclusione del socio-lavoratore nostro assistito ed aveva stabilito la conseguente ricostituzione di tutti i rapporti mutualistici preesistenti.
Il lodo arbitrale veniva impugnato dalla cooperativa avanti alla Corte d’Appello di Bologna.
Con Sentenza n. 1898/2022, pubblicata in data 22.09.2022, la Corte d’Appello di Bologna rigettava l’appello interposto dalla cooperativa. Per quanto qui di interesse, la Corte rilevava in particolare come la decisione arbitrale fosse conforme al principio espresso dalla recente giurisprudenza secondo il quale “L’estinzione del rapporto di lavoro del socio di società cooperativa può derivare dall’adozione della delibera di esclusione, di cui costituisce conseguenza necessitata “ex lege”, o dall’adozione di un formale atto di licenziamento; solo in quest’ultimo caso, in presenza dei relativi presupposti, vi sarà spazio per l’esplicazione delle tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro: a) solo risarcimento, ai sensi dell’art. 8 della l. n. 604 del 1966, in caso di perdita della qualità di socio per effetto di delibera di espulsione non impugnata o di rigetto dell’opposizione avverso la stessa, proposta ai sensi dell’art. 2533 c.c.; b) tutela obbligatoria o reale, nell’ipotesi di adozione di un provvedimento di licenziamento in assenza di delibera di espulsione (nella specie, la S.C. ha negato la configurabilità di una violazione degli oneri procedurali ex art. 7 dello Statuto dei lavoratori, in difetto di un formale atto di licenziamento, Cass. Sez. Lav. Sent. n. 35341 del 18/11/2021) (…) È vero che le Suprema Corte ha in passato evidenziato l’autonomia e separazione del rapporto associativo rispetto al rapporto lavorativo e affermato che “alla duplicità di rapporti può corrispondere la duplicità degli atti estintivi, in quanto ciascun atto colpisce, e quindi lede, un autonomo bene della vita, sia pure per le medesime ragioni: la delibera di esclusione lo status socii, il licenziamento il rapporto di lavoro” (cfr. Cass. SS.UU., sentenza n. 27436/ 2017), ma è pur vero che, nel caso di specie, nei confronti dell’odierno convenuto non è stato adottato alcun concorrente atto di licenziamento né la delibera di esclusione ha recato alcuna motivazione lavorativa in senso lato. (…) Ciò posto, non può che ritenersi, con l’arbitro, che se il rapporto di lavoro è ascrivibile ai “rapporti mutualistici pendenti”, anche in difetto di espresso licenziamento esso sia venuto meno e, così come la delibera di esclusione è posta nel nulla per effetto dell’annullamento pronunciato dall’Arbitro, analogamente il rapporto di lavoro deve ritenersi ricostituito, unitamente agli altri rapporti mutualistici in essere”.
La Sentenza della Corte d’Appello veniva ulteriormente impugnata dalla cooperativa con ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, con ordinanza a nostro avviso significativa, in quanto particolarmente chiara nell’esprimere il principio di diritto, rigettava il gravame proposto dalla cooperativa, affermando quanto segue: “la censura è infondata, laddove assume che l’arbitro si sarebbe dovuto limitare alla pronuncia di diritto societario sulla legittimità, o meno, della delibera di esclusione, senza pronunciarsi sul ripristino del rapporto di mutualità e di lavoro, pronunce che avrebbero dovuto essere emesse dal giudice del lavoro, su ricorso dell’interessato. Trattasi, per contro, di pronuncia meramente conseguenziale all’accertata ‒ da parte dell’arbitro ‒ illegittimità della delibera di esclusione. Peraltro, questa Corte ha affermato, al riguardo, che l’estinzione del rapporto di lavoro del socio di società cooperativa può derivare dall’adozione della delibera di esclusione, di cui costituisceconseguenza necessitata ex lege, o dall’adozione di un formale atto di licenziamento; solo in quest’ultimo caso, in presenza dei relativi presupposti, vi sarà spazio per l’esplicazione delle tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (risarcimento, tutela obbligatoria o reale, ex l. 604/1966: Cass. 35341/2021). Pertanto, nella specie, (…) l’annullamento della delibera impugnata ha determinato necessariamente la ricostituzione dei rapporti mutualistici e del rapporto di lavoro, connessi funzionalmente allo status di socio” (così Cass., ordin. 07.03.2024, n. 6120).
In conclusione, il socio-lavoratore di società cooperativa che venga fatto destinatario del solo provvedimento di esclusione dalla compagine sociale, ha diritto di ottenere la ricostituzione di tutti i rapporti mutualistici preesistenti (ivi incluso l’eventuale rapporto di lavoro) nel caso in cui venga accertata l’illegittimità del provvedimento di esclusione.