Coronavirus e donazioni: introdotto il decreto “Cura Italia”
Coronavirus e donazioni: con il Decreto “Cura Italia” (Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 – “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, entrato in vigore in pari data) sono state introdotte una serie di misure, anche di natura economica, volte ad arginare gli effetti negativi dell’emergenza Coronavirus, che in questi giorni sta affliggendo il nostro Paese.
Come noto, a margine del Sistema Sanitario Nazionale, l’emergenza da COVID-19 ha attivato il proliferare di iniziative di solidarietà e di raccolta fondi a sostegno delle strutture (segnatamente, dei reparti di rianimazione) dei nosocomi delle zone più esposte e del personale sanitario impegnato in prima linea per garantire una risposta, pronta ed efficace, avverso le conseguenze della pandemia.
Il Legislatore ha esteso specifiche agevolazioni fiscali per tutte le somme erogate a sostegno di tali iniziative, per premiare la generosità altrui nel contribuire direttamente alle necessità del Paese, in epocale difficoltà.
Il crowdfunding donation-based
In questo periodo di emergenza Coronavirus, molti soggetti, a prescindere dagli incentivi e dalle misure premiali, hanno effettuato donazioni in favore di ospedali e di enti impegnati a contrastare l’emergenza, ricorrendo anche al modello del crowdfunding donation-based (“finanziamento della folla”), una tipologia di raccolta fondi collettiva online, da devolvere gratuitamente a sostegno di una causa specifica, per favorire lo sviluppo di un progetto (in questo caso, socio-sanitario) che non prevede alcun ritorno economico per l’elargitore. Il fattore sociale è il propulsore di tale tipologia di donazione, sempre più frequente nell’universo del web.
Da un punto di vista legale, tale donazione è un atto liberale, espressione della volontà di dare il proprio contributo per realizzare un progetto avente finalità per lo più culturale, sociale, assistenziale, etc.; la disciplina civilistica della donazione è regolata dagli articoli 769 e seguenti del Codice Civile.
La Donazione secondo il Codice Civile
A mente dell’articolo 769 del Codice Civile, “La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione”.
Definita la donazione come il contratto mediante il quale un soggetto (donante) arricchisce il patrimonio di un altro soggetto (donatario) senza alcun corrispettivo, ma sorretto dallo spirito di liberalità, ne consegue che con essa si realizza quel particolare effetto economico consistente nell’arricchimento del patrimonio altrui con correlativo depauperamento del proprio. La donazione, dunque, deve essere annoverata tra gli atti di liberalità e deve essere qualificata, più precisamente, come quella liberalità che si realizza in via tipica mediante la disposizione di un diritto o l’assunzione di un’obbligazione. La donazione, a differenza degli atti a titolo gratuito, non comporta solo un aumento del patrimonio del donatario, ma anche un correlativo depauperamento del patrimonio del donante. Non possono, pertanto, essere considerati donazioni né il mutuo senza interessi, né il mandato gratuito, né ogni altro negozio che, pur arrecando un beneficio patrimoniale ad una parte, non impoverisce il patrimonio del donante o lo impoverisce solo temporaneamente.
L’animus donandi costituisce lo scopo tipico e costante perseguito dal donante ed è presente ogniqualvolta questi conferisca al donatario un vantaggio patrimoniale con la piena coscienza di non esservi in alcun modo costretto.
L’ipotesi della “donazione di modico valore”
L’articolo 783 del Codice Civile disciplina l’ipotesi della “donazione di modico valore”, avente ad oggetto beni mobili (come nel caso di specie), valida anche se manca l’atto pubblico – forma che deve rivestire, a pena di nullità, l’atto di donazione, come previsto dall’articolo 783 del Codice Civile –, purché vi sia stata la tradizione, ossia la consegna del bene da donare. La modicità del valore del bene deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, in quanto la donazione non deve incidere sul suo patrimonio in modo rilevante.
L’articolo 66 del Decreto “Cura Italia” consente ai soggetti (persone fisiche e persone giuridiche) che effettuano erogazioni liberali (donazioni), in denaro o in natura, a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza da Coronavirus, di beneficiare di incentivi fiscali (in termini di detrazioni dall’imposta o di deduzioni dall’imponibile, a seconda dalla natura dei soggetti elargitori).
Tale norma introduce una detrazione dall’imposta lorda sul reddito pari al 30% per le erogazioni liberali, in denaro o in natura, effettuate nel 2020 dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione della pandemia.
Coronavirus e donazioni: chi può beneficiare delle detrazioni fiscali
Possono beneficiare della detrazione – che non può essere superiore ad euro 30.000,00, con un importo massimo di donazione agevolabile pari ad euro 100.000,00 – solo le erogazioni destinate in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, nonché di enti o istituzioni pubbliche e di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro.
Per le donazioni in denaro o in natura effettuate nel 2020 dai soggetti titolari di reddito d’impresa a sostegno delle misure di contrasto alla nota emergenza, il Decreto dispone l’applicazione dell’articolo 27 della Legge 13 maggio 1999, n. 133 (“Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale”), che prevede misure in favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche, tra le quali l’integrale deducibilità dal reddito d’impresa delle erogazioni in denaro; l’esclusione dalla formazione dei ricavi delle cessioni gratuite di beni, in quanto non considerate operazioni estranee all’esercizio d’impresa (art. 85 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917); la mancata previsione di limiti all’importo deducibile. Ai fini dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, tali erogazioni sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il versamento.
Disposizioni che rimandano al cosiddetto “valore normale”
Ai fini della valorizzazione delle erogazioni in natura si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 28 novembre 2019. Tali disposizioni rimandano al cosiddetto “valore normale” (articolo 9 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), con ulteriori specificazioni in relazione alle donazioni che hanno per oggetto beni strumentali o beni merce, e dispongono oneri di documentazione in capo al donante e al destinatario dell’erogazione liberale.
Anche sulla scorta di tali valutazioni non stupiscono, in questa fase di emergenza da Coronavirus, le diffuse e cospicue donazioni – forse di modico valore rispetto alle complessive condizioni economiche dei soggetti elargitori, ma pur sempre utili ed apprezzabili – effettuate da note persone fisiche e da rinomati gruppi industriali, i quali, in tempi di “pandemia”, hanno l’occasione di approfittare, oltre che di un ritorno di immagine e visibilità, di un trattamento fiscale preferibile rispetto a quello concesso dal sistema tributario in tempi “normali”.