Emergenza Coronavirus nell’ambito sportivo: conseguenze
Dedichiamo questa informativa all’approfondimento delle conseguenze dell’emergenza Coronavirus in ambito sportivo.
Con il D.P.C.M. 11 marzo 2020 è stata decisa – dal 12 al 25 marzo 2020 – una sospensione totale di tutte le attività commerciali non essenziali, molte delle quali già di fatto sospese in quanto non in grado di assicurare i requisiti di sicurezza per la salute pubblica imposti con provvedimenti precedenti.
Con riguardo, in particolare, alle attività motorie proposte dalle palestre, ci si chiede quali conseguenze possano derivare dalla sospensione imposta dall’emergenza sanitaria per Coronavirus nell’ambito sportivo.
Si premette che l’art. 1218 c.c., prevede in generale l’obbligo del risarcimento del danno nel caso in cui un soggetto non adempia esattamente la prestazione dovuta salvo che non provi che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Sospensione per causa di forza maggiore
L’art. 1256 c.c. statuisce peraltro che “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile” precisando al 2° co., che “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.
Le norme sopra rammentate escludono, dunque, che il socio/affiliato/abbonato possa richiedere il risarcimento di eventuali danni che asserisca essere eziologicamente riconducibili alla sospensione dell’attività della palestra in quanto la suddetta sospensione è dipesa da causa di forza maggiore.
Ciò doverosamente premesso, non è peraltro escluso che, a seconda dei contratti di volta in volta sottoscritti, il socio/affiliato/abbonato possa legittimamente chiedere il rimborso della quota corrispondente al periodo di sospensione dell’attività a titolo di ripetizione di indebito.
Ed è altrettanto certo che non possa essere richiesto il pagamento di abbonamenti mensili o settimanali per tutto il periodo di sospensione dell’attività.
L’art. 1463 c.c., infatti, dispone che “nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.
L’art. 1464 c.c., poi precisa che “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.
Come evitare il pericolo di una richiesta di rimborso
Come evitare il pericolo di una richiesta di rimborso od il rifiuto opposto dall’abbonato/socio al pagamento della quota per le settimane/mesi di sospensione dell’attività?
Adottando per esempio programmi sostitutivi degli allenamenti da somministrare ai soci/affiliati/abbonati via internet o proponendo un prolungamento dell’attività.
E, del resto, il D. L. 17.03.2020 n. 18 ha previsto una serie di misure atte a limitare, seppure parzialmente, i danni economici derivanti alle associazioni sportive dalla sospensione dell’attività e dalla cancellazione/rinvio/annullamento di tutte le manifestazioni/competizioni.
Rammentiamo, a puro titolo esemplificativo, ma non certo esaustivo, la previsione, agli artt. 27 e 96, di un’indennità di € 600,00 per il mese di marzo, non cumulabile con gli altri proventi di cui all’art. 67 del T.U.I.R. ed esclusa dal reddito imponibile, per i professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa che dovrà essere liquidata da Sport e Salute Spa a fronte di specifica richiesta con modalità ancora da stabilire; il rinvio di tutti gli adempimenti fiscali; la sospensione fino al 31 maggio p.v. dei termini di pagamento dei canoni di locazione dovuti agli enti pubblici e la possibilità di rateizzarli in 5 rate mensili.
Ed a questo proposito giova evidenziare che analoga agevolazione non è prevista nel caso di locazione di impianti da soggetti privati.
È vero che è stata introdotta una proroga degli sfratti sino al 30 giugno p.v. ma, in realtà, chi ha uno sfratto esecutivo in corso ha sicuramente una morosità risalente ad un periodo antecedente l’emergenza sanitaria.
Una grave lacuna
Al momento, dunque, e questa è sicuramente una grave lacuna, è stato agevolato chi si è reso moroso nel pagamento dei canoni per cause non eziologicamente riconducibili all’emergenza sanitaria mentre, invece, chi non riesce a pagare il canone a causa ed in conseguenza della sospensione dell’attività potrà essere sfrattato non appena l’emergenza sarà terminata.
Riduzione del canone
È previsto unicamente un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 ma a favore di soggetti esercenti attività di impresa e limitatamente ad immobili rientranti nella categoria catastale C/1, ovvero negozi e botteghe, utilizzabile in compensazione con atri tributi dovuti.
E, tuttavia, il conduttore di una palestra, pur avendo la disponibilità dell’immobile, non può, per una causa a lui non imputabile, utilizzarlo per la ragione per cui lo aveva affittato.
Viene in soccorso l’art. 1464 innanzi rammentato: il conduttore può richiedere una riduzione del canone.
In una recente sentenza, infatti, la Corte di Cassazione [1] ha affermato il principio che
“l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione”.
1 – Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2018, n. 18047
Laddove un evento non prevedibile e non imputabile ad alcuna delle parti renda non più perseguibili le finalità condivise o riconoscibili che hanno motivato le parti a stipulare il contratto, sostanziandone la causa in concreto, si verifica pur sempre un’impossibilità della prestazione, con conseguente applicazione della relativa disciplina.
I medesimi principi possono essere applicati in ambito sportivo a tutte le fattispecie di contratti a prestazioni corrispettive in cui la prestazione di una delle parti è divenuta impossibile a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus in atto nel nostro Paese.
Un chiaro esempio
Si pensi, ad esempio al caso in cui un circolo di scherma abbia ordinato del materiale schermistico nell’interesse di un proprio atleta: indipendentemente dal momento dell’approntamento del materiale da parte del fornitore è evidente che, essendo sospesa l’attività ed essendo, quindi, al momento divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione per causa non imputabile al circolo, potrà essere legittimamente richiesto un differimento del termine di pagamento.
Rimborso previsto per prenotazioni per competizioni sportive
Quanto alle eventuali prenotazioni di alberghi o all’acquisto di biglietti aerei o dei treni per competizioni sportive poi annullate, è previsto espressamente il diritto al rimborso dall’art. 28 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 che configura espressamente “la sopravvenuta impossibilità della prestazione” di cui all’art. 1463 c.c. nel caso di “soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti provvedimenti”.
Chi può chiedere il rimborso
Il diritto al rimborso viene altresì espressamente previsto in favore di:
1) coloro che sono stati posti in quarantena o, comunque, risultino residenti o domiciliati nei Comuni che rientrano nella “zona rossa”, o comunque soggetta a limitazioni
2) coloro, sia privati che aziende, che hanno programmato qualsiasi tipologia di viaggio o trasferta, con partenza o arrivo nelle aree soggette a limitazioni
3) coloro che, avendo prenotato viaggi o trasferte per partecipare a concorsi, eventi o manifestazioni di qualsiasi natura, hanno verificato l’annullamento con provvedimento assunto dalle autorità competenti
4) in ambito sportivo, coloro che, avendo acquistato in Italia titolo di viaggio per destinazioni all’estero, abbiano accertato che l’ingresso in queste aree sia stato vietato con provvedimento assunto dalle autorità locali a causa dell’emergenza causata dall’epidemia di Coronavirus.
Come inoltrare la richiesta di rimborso
Per la richiesta di rimborso è sufficiente inoltrare, entro 30 giorni dalla cessazione del divieto imposto o dall’annullamento, sospensione o rinvio dell’evento, o dalla data programmata per la partenza, una comunicazione all’agenzia di viaggi o alla compagnia che ha venduto il biglietto o alla struttura alberghiera prenotata, allegando copia del titolo di viaggio e, qualora si tratti di un evento annullato, documenti che ne certifichino la prevista partecipazione. Questa comunicazione deve essere presentata entro 30 giorni: dalla cessazione del divieto imposto (quarantena, limitazione); dall’annullamento, sospensione o rinvio dell’evento programmato; dalla data prevista per la partenza verso un Paese in cui è stato imposto un divieto di ingresso. Entro i successivi 15 giorni dall’effettiva ricezione della richiesta, il destinatario della domanda deve provvedere al rimborso della somma erogata, oppure all’emissione di un voucher di pari importo, che dovrà essere utilizzato entro un anno dall’emissione.